di Andrea Friscelli
Oggi vorrei raccontarvi una storia di tenore tutto diverso dalla precedente, il cui significato più vero è che non bisogna mai smettere di provare ad aiutare le persone che ci chiedono aiuto, né di sperare che le stesse persone cambino.
Giunge alla cooperativa, inviato dal suo psicoterapeuta che lo ritiene pronto per un inserimento lavorativo Sandro (nome, come di solito, fittizio) che poi diventa rapidamente per tutti Sandrino. Le ragioni di questo diminutivo stanno anche nel suo aspetto fisico: più che piccolo soprattutto dimesso, con uno sguardo timoroso e nel quale a volte si intuiscono abissi di dolore e di confusione, ma che facilmente può essere preso per un soggetto con un lieve deficit cognitivo. Ha nel rapporto interpersonale un atteggiamento che definirei tangenziale: difficilmente ti guarda negli occhi, ascolta con qualche disattenzione, spesso è necessario ripetere concetti semplici e soprattutto trasmette una profonda sfiducia in se stesso e nella capacità di riuscire a fare le cose che gli vengono proposte. Ha un’età compresa tra i quarantacinque ed i cinquanta e si porta dietro una storia di disastri. Proviene da una famiglia che, originaria di Pisa, si è stabilita nei dintorni di Siena da ormai molti anni. Famiglia molto ricca con estese proprietà nelle due provincie e nella quale da circa tre generazioni nessuno ha mai lavorato. Non ce n’era bisogno e poi quando sono state tentate imprese o speculazioni finanziarie sono stati tracolli, impoverendo sempre un po’ di più il primitivo patrimonio. Il padre avvocato muore presto quando Sandrino era ancora piccolo, che così vive una vita in compagnia di una sorella poco più grande e della madre, donna austera ma poco pratica. Dai suoi racconti si evince che forse la sorella era dotata di buone capacità organizzative ma purtroppo muore a poco più di quarant’anni e così il nostro rimane solo con la madre, in un continuo ed estenuante corpo a corpo, sempre sugli stessi temi. Dopo qualche anno di università infatti Sandro lascia perdere gli studi e vive una vita da scioperato (anche se in fondo non aveva sottomano modelli tanto diversi da seguire!) e si inoltra in un mondo di pensieri strani e confusi in cui anche lui spesso si perde. Ha delle convinzioni che piano piano diventano delirio nel quale si vede vittima di una congiura in cui le stesse persone, sempre quelle, lo accusano di essere un incapace, un impotente, un omosessuale. Tali convinzioni diventano così reali che a volte si ferma per strada per rispondere a queste fantomatiche voci accusatorie, dando così di se un misero spettacolo.
Sta seguendo un percorso psicoterapeutico da qualche anno, ma il medico che lo segue pensa che sia necessario anche qualcos’altro che lo distolga da quel mondo nebbioso e malato in cui passa le giornate e che lo porti più a contatto con la realtà di un lavoro e di rapporti non immaginari. E la madre? – mi chiederete – forse incapace di leggere con lucidità la condizione del figlio, pare oscillare tra l’ignorare i segni (a volte evidenti) del suo malessere, spingendolo su obbiettivi irrealistici come riprendere gli studi o sposarsi e dall’altro squalificandolo appena tenta qualche mossa personale.
Lo accogliamo con qualche perplessità. È nostra prassi fare, con attenzione, una sorta di anamnesi lavorativa del soggetto proposto. Sapere quali lavori ha fatto, in quali si ritiene competente o quali semplicemente sono le sue preferenze o le sue idiosincrasie, ci serve a costruire un progetto per lui. In questo caso l’anamnesi è quasi completamente muta, mai fatto nulla, se si eccettuano due mesi di prova presso un’azienda grafica vicino a casa, rapidamente risoltisi con il licenziamento. Sandro in verità non aveva neppure capito ciò che gli veniva chiesto e ne ricavò ancor di più una lettura del mondo come ostile, confuso, difficile da capire.
Ma Sandro ha anche quell’aria un po’ sperduta che stimola sentimenti di aiuto e quindi proviamo, senza crederci molto.
Cominciamo, durante il periodo di prova, facendogli fare lavori molto semplici nell’orto, lavori di manovalanza nei quali certo non eccelle né si appassiona ma in cui incredibilmente, per uno che non ha mai fatto nulla, si impegna rispettando orari e compiti. Allora si prova a spingere un po’ e lo impieghiamo in un lavoro di pulizia di un ambiente pubblico. Il lavoro è molto semplice, l’ambiente non è molto frequentato e non richiede grandi attenzioni. Lavora da solo rispettando orari e presenza, ci giunge per la verità qualche lamento per una scarsa attenzione in alcuni particolari, ma non è difficile “difenderlo” e conservargli il posto. Lo stipendio non è granché, quello di un posto part time al minimo di ore, ma è comunque il primo stipendio regolare che entra in casa di Sandro da molti, molti anni. La madre lo sottopone ad un bombardamento squalificante, basandosi proprio sull’esiguità del compenso, ma lui resiste. Così dopo qualche anno di questa disciplina, quando si apre la possibilità di inserirlo tra i custodi-centralinisti della Università per Stranieri, tentiamo questa carta, che vorrebbe dire un orario quasi completo, miglioramento di stipendio ed un pizzico di maggior vita sociale a contatto con professori e studenti.
Con piacere notiamo che le cose vanno e Sandro, dopo il necessario periodo di rodaggio, si inserisce nei turni e rapidamente si fa apprezzare per il rispetto degli orari, l’educazione, la presenza discreta e riservata.
Per qualche anno tutto fila liscio e Sandro comincia anche a interessarsi di quando potrà avere una pensione, domanda a cui è difficile rispondere sinceramente senza cancellare i suoi entusiasmi, ma che dimostra il suo attaccamento al lavoro. La sua vita è cambiata in meglio, ha qualche amico con cui esce, si innamora di una ragazza, anche lei disturbata, che ha conosciuto in cooperativa e soprattutto i suoi malesseri sono diminuiti e certo non lo espongono più a diventare l’oggetto di un’osservazione divertita e crudele di chi lo incontra.
Tutto però finisce quando l’appalto presso l’Universita termina e siamo costretti a licenziarlo, senza esser riusciti a trovare un altro impiego per lui. In questa decisione pesa anche la considerazione che un discreto gruzzolo, ultimo residuo dell’antico patrimonio, è ancora presente e sappiamo di non lasciarlo completamente in difficoltà.
Ma il contatto è ormai stabile e siamo in grado di seguirlo e dargli una mano anche in assenza di un rapporto di lavoro. In questi anni che sono passati Sandro infatti ha superato la morte della madre, ha condotto, sia pure con qualche aiuto, la vendita della casa in cui abitava con lei e la gestione del ricavato, tutti eventi che mettono a dura prova anche persone meno fragili di lui. Attualmente ha scelto di vivere in un pensionato per anziani e la sua vita che in qualche momento è sembrata a forte rischio, si è invece incanalata in un modo stabile e sicuro. Lasciatemi sottolineare come in tutto questo processo Sandro non ha usufruito di nemmeno una lira di assistenza pubblica, se si fa eccezione per le provvidenze previste per gli assunti “svantaggiati” in cooperativa sociale.
Un esito che non era facile prevedere quando arrivò da noi con il carico di tanti anni passati in un mondo parallelo. Sandro ha così dimostrato di avere insospettabili riserve di energia mentale che gli hanno permesso di raddrizzare una parabola di vita che si era indirizzata male.
Forse anche la nostra cooperativa gli ha dato una mano.