Vorremmo proporre dalle colonne del Verdeblù una serie di pezzi che raccontino il tentativo di utilizzare l’attività ristorativa come spazio per reinserire al lavoro soggetti con problematiche psichiatriche.
Per certi versi quasi un ossimoro: infatti l’attività di un ristorante, oltre ad essere un’occupazione fisicamente stancante, è molto più ansiogena e stressante di quanto si possa credere. Qualcosa cioè di molto distante da quello che in genere si pensa debba essere un ambiente in grado di accogliere persone che stanno recuperando rapporti e stima di sé e degli altri. In genere, infatti, si pensa che, per esempio, curare un orto, seguendo i ritmi naturali e stagionali possa essere adatto e lasci spazi mentali di recupero.
Ma come invece riuscire a fondere in maniera accettabile le diverse e per certo verso opposte caratteristiche delle due cose? cioè rispettare i ritmi stressanti per rispondere alle esigenze anche economiche di un ristorante ed insieme riuscire a utilizzare proprio quell’attività per reinserire persone che certo non hanno bisogno di ulteriori stress e carichi ansiogeni?
Noi ci siamo riusciti? Francamente non lo so, è certo però che ci abbiamo provato per tanti anni e forse qualcosa abbiamo capito.