di Andrea Friscelli
Partiamo dal bel ritratto di Auguste Escoffier, nome che agli amanti di cucina suggerirà atmosfere di grande lusso e sapori sopraffini. Nasce in Francia nel 1846 e muore quasi novantenne, carico di onori nel 1935, dopo aver dato origine alla catena dei ristoranti Ritz (quello di Londra, quello di Parigi) che rimarranno (ma che sono ancora all’avanguardia) per tutti un’icona della bella époque. Inoltre nella sua lunga carriera ha diretto il Savoy a Londra, ha organizzato il servizio di ristorazione dell’Hamburg Amerika Lines (importante compagnia di navigazione tedesca), ha scritto libri e fondato riviste di culinaria che esistono ancora. Escoffier, spesso omaggiato dall’aforisma: “cuoco dei re e re dei cuochi”, fu addirittura insignito della Legione d’Onore nel 1920, giunto ormai al culmine di una carriera prestigiosa.
Forse però pochi sanno che è stato lui a teorizzare per primo la rigida struttura organizzativa che tiene in piedi un ristorante e che porta il nome di “brigata di cucina”. Con questa formula s’intende la formalizzazione dei ruoli che ruotano dentro una cucina. Nella sua primitiva formulazione, pensata per i grandi ambienti che Escoffier dirigeva, prevedeva sette ruoli gerarchici che andavano dall’executive chef fino al garzone di cucina con una serie quasi infinita di gradi intermedi che identificavano compiti e ruoli gerarchici.
Può essere interessante entrare un po’ nel dettaglio: l’executive chef è quello che dà l’impostazione globale al servizio (fa il menu, lo cambia, lo alterna e crea la filosofia, la linea più generale del ristorante), è dotato di un suo sostituto, il sous chef. Poi viene lo chef di cuisine (il capocuoco) con il suo sotto capo cuoco, il quale imposta il servizio, fa i turni del personale, verifica gli ordini, compila la lista della spesa e, si noti, quasi mai cucina. Dopo vengono i vari chef de partie, ognuno di loro specializzato in un singolo prodotto: il salsiere (che cuoce anche le carni), il dispensiere, il pesciaiolo, il cuoco del personale, il rosticciere, il minestraio, il pasticciere e molti altri. Sotto ancora ci sono i commis che sono sostanzialmente gli aiutanti degli chef de partie, ma in più si occupano del confezionamento di alcuni alimenti: il grigliere, il gelatiere, il confettiere. E infine alla base della piramide c’è il personale di supporto: il lavapiatti, il lavapentole, lo sguattero e il facchino o garzone di cucina.
Per la precisione Escoffier identifica ventuno ruoli diversi, necessari, a suo parere, per mandare avanti la cucina di un grande ristorante. Vorrei far notare che il funzionamento di tutto l’insieme si basa su un mansionario che identifica i compiti in modo rigido e nella stessa maniera stabilisce le responsabilità e le varie “catene di comando”. Al giorno d’oggi, continuando a parlare di ambienti molto prestigiosi, la “brigata” è stata ridotta a “soltanto” una decina di posizioni.
Questa nomenclatura ha avuto tale successo che dalla cucina si è poi estesa ai camerieri di sala (la brigata di sala) ed anche ai bar più prestigiosi dove si ritrova appunto la “brigata di bar”.
Credo che risulti a tutti evidente come la filosofia che sta alla base di questo modello organizzativo sia di tipo militare, lo si intende chiaramente a partire dalla nomenclatura della gerarchia (la “brigata”) per proseguire poi con l’identificazione precisa dei vari compiti. È insomma la descrizione di un esercito organizzato e pronto alla battaglia.
Ma, ci si potrebbe chiedere, di che battaglia stiamo parlando? Perché una delle menti più acute del settore ha ritenuto che fosse necessario un tale apparato militare per mettere a tavola, sia pure nel lusso, qualche decina o qualche centinaia di persone?
A queste domande cercherò di dare risposta nel prossimo articolo.