di Andrea Friscelli
Proprio in questi ultimi giorni delle Festività se ne è andato Renzo Bucci. Propongo, scrivendo su questo sito, un suo breve ricordo per il fatto che è stato per diversi anni dipendente della nostra cooperativa. Era impegnato nel servizio di portineria a noi affidato, in quegli anni, dalla Università per Stranieri di Siena.
Renzo è stato a suo modo un personaggio, contradaiolo appassionato dell’Istrice, in alcuni periodi ha anche goduto di una piccola notorietà per aver fatto parte del Gruppo Folk Senese, una delle prime formazioni musicali che ripropose attraverso la pubblicazione di alcuni dischi il repertorio delle vecchie canzoni senesi. Lui era il chitarrista, molto bravo e con un’impostazione da chitarrista classico per essersi formato presso l’orchestra a Plettro. Ricordo che spesso acquistava nuovi mandolini o costose chitarre di cui andava fiero e che invece facevano disperare i suoi genitori che le consideravano spese inutili.
Entra così subito in campo il suo difficile rapporto con loro, più con il padre, ma anche con la madre, un rapporto spesso tempestoso ma sempre molto forte e di fatto del tutto indissolubile.
Renzo aveva studiato bene, si era anche laureato in Economia e Commercio ed era stato dipendente del Monte dei Paschi per qualche anno. Poi sempre in bilico com’era tra un’aspirazione alla normalità e un bisogno incoercibile di ribellione si era dimesso, facendo anche per questo disperare a lungo i suoi. La sua patologia, come accennavo, lo portava a gesti impulsivi ed era anche caratterizzata da una tendenza a interpretare sempre con sospetto la realtà circostante.
Per un lungo periodo è stato mio paziente e durante la cura gli proposi di riprendere a lavorare (da tempo era nulla facente) in cooperativa. Accettò, ma non ho mai saputo se lo fece per farmi un piacere o per il riconoscimento di un suo reale bisogno. Di fatto lavorò per qualche anno senza creare eccessivi problemi (qualcuno sì per la verità! ma sempre risolvibile). Quando poi quell’appalto ci fu tolto, lui decise che poteva andare in pensione e cominciò la sua parabola discendente. Lo vedevo qualche volta un po’ malmesso a passeggio per città, spesso confabulando tra sé. La notizia di questi giorni perciò non mi ha sorpreso, credo che la morte del padre gli abbia dato l’ultimo colpo.
Vorrei chiudere con un ricordo che forse mette in luce le contraddizioni del suo carattere. Quando cominciò a lavorare con noi, gli chiesi di tenere un piccolo concerto di canzoni senesi per gli altri dipendenti ed i loro amici, pensando così di fargli cosa gradita mettendo in luce le sue capacità. Il concerto fu tenuto nell’attuale sala del caminetto giù all’Orto de’ Pecci e durò una mezzoretta in cui Renzo non solo cantò e suonò, ma dette anche per ciascuna canzone spiegazioni e contributi storici. Fu un successo, ma qualche tempo dopo ci tenne a dirmi che non lo avrebbe più fatto, perché “aveva sputato sangue” per prepararsi e stare davanti al pubblico. Capii così che non era disponibile a quasi nulla se non a vivere in disparte e senza “noie”.
Lo ricordo e lo saluto con un velo di tristezza e nostalgia, ciao Renzo e che la terra ti sia lieve.