di Andrea Friscelli
La terza fase fu inaugurata dalla possibilità di sfruttare un discreto finanziamento avuto dalla regione Toscana per la lotta alle tossicodipendenze che ci permise di effettuare diversi lavori di ristrutturazione nel primo edificio: fu rifatto il tetto, il pavimento del piano superiore, ricavato uno spazio per la cucina ed i bagni per il pubblico, restaurato il muro che dal cancello di Porta Giustizia arriva fino al ristorante. In sostanza il primo edificio assume dopo quel lavoro un aspetto molto simile a quello che ha adesso. Il progetto fu fatto dall’architetto Maurizio Piochi che poi seguì anche i lavori, a lui siamo anche debitori del nuovo logo adottato in quella fase che descriverò nel dettaglio più tardi. Inoltre, nel 1991 viene promulgata la legge 381 che stabilisce la nascita delle cooperative sociali, precisandone i criteri, gli scopi e gli obblighi.
Si avvicinano all’esperienza della cooperativa persone nuove e finalmente non provenienti dal settore sanitario. L’apporto più importante lo porta Peris Brogi che dalla metà degli anni ’90, fino alla sua morte avvenuta nel 2006 è sempre stato nel CdA della cooperativa, rivestendo il ruolo di vicepresidente. Peris vantava una carriera politica di notevole livello, proveniva dal sindacalismo agrario della Val d’Arbia ma poi era diventato, sul finire degli anni ’70, presidente della Provincia, ruolo che lo aveva portato ad avere competenze sull’Ospedale Psichiatrico ed i suoi ricoverati. Più tardi aveva rivestito a lungo il ruolo di Presidente della Pubblica Assistenza e così quando, finita anche quell’esperienza, gli chiedemmo di darci una mano con la cooperativa, accettò con entusiasmo. Con lui e la sua capacità di fare rete, di conoscenze “La Proposta” si inoltra nella fase più matura della sua vita. Cominciano i primi appalti, le prime assunzioni, i bilanci cominciano ad essere più consistenti come descriverò meglio tra poche righe.
Ma l’aspetto forse più importante di quegli anni è rappresentato dal progressivo, ma definitivo distacco dalla USL. Fino ad allora l’ombra della USL si stendeva su tutto: dai mezzi che ci venivano dati in concessione, alle varie utenze ancora allacciate alla “casa madre”, al personale infermieristico che vicariava un personale ancora non esistente. Tutti questi aspetti nel corso del tempo cominciarono ad essere prima messi in discussione e poi ad essere eliminati, lasciandoci inizialmente sgomenti, ma poi sempre più coscienti di potercela fare anche da soli. Questo ha voluto dire smontare pezzi di una macchina in corsa e sostituirli con altri, sia dal punto di vista strumentale che di personale.
Si potrebbe vedere tutta la faccenda anche in termini di una dinamica familiare del tipo: quand’è che cresci e vai per conto tuo? Ove nella veste dei “bamboccioni” siamo stati per un periodo tutti noi della cooperativa ed in quella del genitore severo l’amministrazione della Usl.
Ricordo vari episodi a tal proposito, ma ne descriverò sommariamente solo uno. Durante un convegno che si tenne nell’attico della Camera di Commercio e che vedeva per una volta riunito quasi tutto il volontariato senese nelle sue varie articolazioni, mi capitò di fare un intervento insieme all’amico Roberto Caracciolo, in quel periodo dipendente della cooperativa. L’intervento ottenne tanti consensi per il tono sincero e realistico che soprattutto Roberto con la sua semplicità era riuscito a comunicare. Subito dopo fui avvicinato dal Direttore Sanitario della Usl che, dopo avermi fatto i complimenti, impietosamente mi mise di fronte il suo forte dubbio che il mio ruolo di dipendente Asl da una parte, e di presidente della cooperativa dall’altra, stesse creando un conflitto di interessi e che prima o poi dovevo scegliere da che parte stare.
Superata la piccola delusione anche per il tono vagamente minaccioso con cui mi furono dette queste cose, devo dire che quelle parole mi fecero riflettere a lungo. Tanto che, pochi mesi dopo quel colloquio, il definitivo distacco dalla Usl fu dato dal sottoscritto che nel marzo 2001 dette le dimissioni dal servizio pubblico per diventare dipendente a tempo pieno della cooperativa oltre che suo presidente.
Si inaugura in quel periodo il nuovo marchio disegnato per noi dall’arch. Piochi. Un segno esile fatto da due parti: un cipressino stilizzato verde che rappresenta l’orto de’ Pecci ed una lunga linea blu che lo congiunge ad una torre. Così finalmente viene concettualizzato il legame all’orto, ma anche alla città, un legame che corre lungo la via di Porta Giustizia e che non è più solo un senso unico verso il nulla, il patibolo, la pena, la malattia misteriosa, come è stata per secoli, ma che diventa un doppio senso di marcia, quello cioè che caratterizza la società del libero scambio, del sano commercio, delle possibilità di risalita da condizioni di svantaggio a condizioni di piena, recuperata cittadinanza fatta di diritti e di doveri.
Come promesso in precedenza devo ai miei lettori una descrizione dei primi appalti che ci fecero “decollare”. Uno dei primi ci fu affidato dalla Amministrazione Provinciale ed era relativo alla raccolta ed immissione in appositi moduli dei dati di tutti gli esercizi turistici della provincia. Questo ci costrinse a utilizzare, dopo averli “bonificati”, gli spazi dove adesso si è installata la sede attuale dell’ufficio, ad assumere personale adatto allo scopo, a fornirci di macchine elettroniche, ecc. Poi ne vennero tanti altri: l’appalto delle pulizie alle nuove case dello studente di S. Miniato gestite dal DSU, la portineria e centralino nelle varie sedi dell’Università per Stranieri, la collaborazione con la Siena Ambiente, allora incaricata di organizzare la raccolta dei rifiuti in Siena e provincia. Questi furono i più importanti ma ce ne furono anche altri, magari meno importanti ma lo stesso significativi di un cambio notevole.
Insomma, la parte della nostra storia forse più impegnativa, ma anche più entusiasmante era ormai cominciata.
Nella prossima puntata ne vedremo i risultati anche sul logo.