Andrea Friscelli fece grande scalpore quando scrisse “La notte che crollò la Torre”, così come “impressionò” la copertina suggestiva disegnata da Riccardo Manganelli. Oggi, anche alla luce di nuove suggestioni, ne fa una bella recensione il poeta e amico Andrea Laiolo
La notte che crollò la Torre di Andrea Friscelli
Betti Editrice, 2017
La notte che crollò la Torre è un libro su una crisi; anzi, su più crisi: quella di un paese, quella di una città, quella di una cooperativa e quella di alcuni individui. L’autore, Andrea Friscelli, ricorre per narrarle a una invenzione allegorica da un lato e dall’altro all’installazione di un fatto immaginario, ma credibile, sulla realtà.
Il crollo a Siena, in una notte dell’inverno di un anno da poco trascorso, della Torre del Mangia è l’allegoria della decadenza della città: una crisi che inopportunamente trascurata ha avuto conseguenze estreme; il fatto immaginario, ovvero l’altro fatto immaginario ma assai più verosimile, è invece il furto di un assegno circolare avvenuto nell’ufficio di una cooperativa di reinserimento nel mondo del lavoro, sempre a Siena: questa cooperativa è inventata soltanto nella misura in cui i suoi addetti sono personaggi della fantasia dell’autore, ma in tutte le altre caratteristiche essa corrisponde esattamente – locali, posizione, storia – ad una cooperativa reale della città.
Il lettore ha dunque a disposizione due storie parallele ma anche intrecciate, persino graficamente: quella allegorica è svolta in brevi pagine incorniciate, tutte situate nella parte destra, mentre sulle pagine a fronte risultano spesso affiancate da belle fotografie a colori che riproducono ora la Torre vista da varie prospettive ora scorci cittadini o ancora la valle verde inurbata che contiene l’Orto al cui centro è la sede della cooperativa reale (e immaginaria); queste fotografie costellano altresì anche l’altra storia, quella del furto, la quale occupa la parte più cospicua del libro.
La scoperta del furto innesca un’indagine che offre all’autore lo spunto per presentare i protagonisti e le loro peculiarità biografiche e psicologiche, e inoltre per mostrare come un fatto destabilizzante possa fatalmente mettere in pericolo di crollo una struttura i cui cardini si siano inavvertitamente logorati, per trascuratezza, per ripiegamento – a più livelli peraltro comprensibile se non giustificato – su sé stessi dei suoi componenti, o per scarsa oppure mancata capacità di visione collettiva: difetti questi perfettamente riferibili anche alla vicenda visionaria della rovina della Torre, simbolo svettante della civiltà senese. È la perdita del Bene Comune: quello stesso che raffigurato come regale vegliardo domina gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti che decorano la Sala dei Nove all’interno del Palazzo Pubblico, cui proprio la Torre appartiene e che rischia di rovinare con essa e sotto di essa.
Gli otto personaggi coinvolti nel caso del furto e legati all’ambiente della cooperativa sono mostrati (tutti eccetto uno, che si presenterà direttamente attraverso la sua azione, peraltro risolutiva) dall’autore, che assegna loro un capitolo a testa, per mezzo di ritratti tratteggiati in modo rapido ma puntuale, con valente tocco narrativo. Bellissime in particolare le presentazioni di Alfredo, Mamadou e Simone (capitoli 6, 7, 8), per le quali Friscelli pare ricorrere alla sua esperienza di psichiatra, benché lo faccia con somma discrezione. Ognuna di queste persone che appartengono tanto alla finzione quanto alla realtà, appare ben concreta nel suo profilo, fatto di vissuto, condizionamenti, paure, ossesioni, scotti, esperienze che ne tracciano lo stile di vita e di pensiero, anèliti e vagheggiamenti. Insomma, ognuna di loro viene bene spiegata nel suo agire, così che il lettore non possa giudicarla sentenziosamente: ed è questo un elemento molto importante ed un valore specifico del libro.
Dunque siamo di fronte, come già accennato, al gioco di specchi di quattro forme di crisi: la crisi individuale, la crisi di una struttura sociale, la crisi di una città e della sua civiltà: la crisi del Paese, dell’Italia (forse del mondo) – contenitore delle altre – resta sullo sfondo, sottintesa. Ma La notte che crollò la Torre è anche e soprattutto un libro sull’auspicio e la possibilità di uscire dalla crisi: in sostanza, è un garbato ma convinto avvertimento, persino un incitamento a considerare più da presso le ‘crepe’ che da lontano non si notano.
Come termina, ad esempio, la storia del furto? Abbiamo accennato al fatto che dalla galleria restava fuori un personaggio: esso arriva, anzi torna giusto in tempo per fugare il mistero dell’assegno scomparso. L’impiegata dal nome celestiale, Maria, la cui figlia neonata porta un nome soave, Pia, scenderà alla fine, come la Madonna (peraltro protettrice di Siena), a rassettare con semplice grazia le cose, a risolvere il problema. Colei che, essendo stata in maternità, era rimasta fuori delle dinamiche dei reciproci attriti giunge a sciogliere l’intrico senza nemmeno avvedersene: coglie subito il disordine (che è anche caos psichico) cui gli altri, coinvolti nel caso, erano ormai assuefatti; fa dunque pulizia in ufficio, ripristina l’ordine, rinetta…e dal fondo della cassaforte ecco che nelle sue mani si fa come magicamente rinvenire l’assegno. Non rubato, quindi, ma smarrito per la sbadataggine e l’affanno di più di uno del gruppo. Questa scoperta scagiona tutti: anche Giovanni, forse il più corrotto dall’esistenza, il quale in un momento di disperazione aveva effettivamente sottratto quel denaro, per poi pentirsene e tornare scompostamente sui propri passi: un autentico colpevole-innocente.
Friscelli sembra suggerirci che, per non aprire crepe nella cooperazione sociale, è importante guardarci fra noi senza pregiudizi, senza cattiveria preconcetta, e anche senza quel buonismo che, cito alla lettera, “dopo un po’ irrancidisce in cinismo”: e così crollano le torri!
Completano il libro, che in virtù delle fotografie è anche un’opera figurativa, la partecipe, competente e approfondita prefazione di Maura Martellucci, ed il bellissimo e acutamente suggestivo disegno in copertina di Riccardo Manganelli.
Andrea Laiolo