di Roberto Cresti
Alla fine degli anni Trenta del XIV secolo il borgo nuovo di Santa Maria nella Valdimontone raggiunse l’apice della sua espansione, articolandosi in almeno sessantasei edifici privati, tre o quattro punti di approvvigionamento idrico, la chiesa di San Luca e una vasta gamma di fabbricati a destinazione artigianale, che qui trovarono la loro collocazione ideale, sia per una certa abbondanza di acqua che per essere sufficientemente distanti dal centro cittadino. Tra quest’ultimi i documenti menzionano almeno due tiratoi dell’Arte della Lana, il mulino di un tintore e il laboratorio di un arrotino, sui quali torneremo in qualche prossimo approfondimento, oltre ad alcuni fabbricati usati dall’Arte dei Pizzicagnoli, che vi si stabilì tra il 1327 e il 1347, quando chiese di potersi spostare nella più isolata valle di Follonica, dove la sua fastidiosa attività sarebbe stata di minor disturbo per la popolazione. Va evidenziato, tuttavia, che questi dati sono desunti da documentazione d’archivio parzialmente incompleta, ragion per cui è assai verosimile che i numeri fossero ben maggiori.
Una struttura insediativa così complessa, e per di più in continua evoluzione, necessitava senz’altro di una viabilità interna più articolata di quanto è possibile immaginare dai documenti e dalle tracce ancora oggi visibili. Da sola, infatti, la strada principale non poteva regolare il flusso delle molte persone che gravitavano nel borgo, oltre che dei mezzi in transito, e così parallelamente ad essa ne venne tracciata un’altra, testimoniata dalle carte che menzionano la confinazione dei lotti. Queste due strade dovevano essere collegate tra loro tramite diverse viuzze, costituendo una maglia piuttosto complessa, oggi completamente cancellata. Una volta uscita da porta Giustizia, la via che attraversava il borgo doveva dirigersi verso la Coroncina, per arrivare al luogo delle esecuzioni capitali, ma sin dall’inizio venne previsto anche l’allacciamento con la Francigena all’altezza di Ponte a Tressa, come testimoniano una deliberazione assunta dal Consiglio generale nel 1324 e varie annotazioni di spesa dell’anno successivo.
Come noto, però, il borgo di Santa Maria ebbe vita brevissima. La tremenda epidemia di peste del 1348 in pochi mesi falcidiò la popolazione di Siena, riducendola di circa due terzi. Un’ecatombe demografica che inevitabilmente liberò molti spazi nel centro urbano, e il primo ad essere abbandonato fu proprio l’insediamento abitativo di più recente formazione. Anche perché da una delibera del Consiglio generale del 1332 si evince che vari fabbricati di proprietà privata edificati nella valle, risultavano già vuoti a causa dell’inadeguatezza della strada a servizio del borgo. I documenti d’archivio sono impietosi nell’attestare con quanta rapidità la Valdimontone rimase disabitata. Già il 26 settembre 1385 il Comune decise di vendere la via principale per 1.200 fiorini, in quanto se ridotta “ad campos” e alienata a privati sarebbe stata sicuramente più utile, avendo ormai perduto la funzione di collegamento. Quel terreno, tuttavia, non era particolarmente ambito, visto che appena quattro mesi dopo si dovette diminuire il prezzo in assenza di acquirenti interessati. Nel 1402 la stessa chiesa di San Luca era in rovina e anche gli altri edifici non se la
passavano meglio, se da un’indagine degli Ufficiali dell’Ornato condotta nel 1448-49 risulta che ben sei di quelli ubicati nel borgo erano in condizioni fatiscenti. Di questi, quattro avrebbero necessitato di urgenti lavori di consolidamento, tanto che il Comune ingiunse ai loro proprietari di eseguirli quanto prima. Gli altri due, invece, vennero qualificati addirittura come “platee”, quindi erano ormai completamente distrutti, e la Biccherna si trovò costretta a registrare l’impossibilità di qualunque opera di ripristino.
Quel popoloso pezzo di Siena che per qualche anno aveva attirato i nuovi residenti, insomma, era ormai un lontanissimo ricordo, e già alla fine del Cinquecento, quando Francesco Vanni tracciò la sua formidabile veduta assonometrica della città, la Valdimontone viene rappresentata come la conosciamo, pressoché priva di edifici e destinata alla coltivazione ortiva. Un’attenta osservazione della pianta permette di individuarvi qualche piccolo fabbricato sul lato sinistro della strada che dallo spazio del Mercato scende verso porta Giustizia, evidentemente mai ridotta “ad campos”. Sempre sul versante sinistro della vallata si scorge anche l’enorme mole di un tiratoio, che appare ancora integro, e una piccola casetta. Dall’altra parte, invece, si intravedono due soli corpi di fabbrica: sul bordo della strada un edificio che per la sua collocazione potrebbe essere quello che oggi, modificato e ristrutturato, ospita il ristorante “All’Orto de’ Pecci”, mentre sotto la collina dei Tufi c’è ne un altro appena percepibile, che potrebbe essere l’attuale sede degli uffici della Cooperativa “La Proposta”.
Alla fine del XVI secolo, dunque, esisteva ancora il tiratoio che l’Arte della Lana aveva costruito nella Valdimontone, delle cui interessanti vicende storiche avremo modo di parlare nel prossimo appuntamento.