di Roberto Cresti
Come ci eravamo ripromessi un paio di puntate fa, dopo la fonte di Valdimontone parliamo brevemente di un altro edificio poco noto, e oggi non più esistente, che si trovava in età medievale nella vallata dell’Orto de’ Pecci: la chiesa dedicata a San Luca. Le sue vicende storiche sono molto curiose, intanto perché nel corso dei secoli ha avuto due diverse ubicazioni. Intorno alla metà del Duecento, infatti, era situata all’inizio di Malcucinato (antico nome del tratto più prossimo al Campo di via Salicotto), più o meno dove più tardi verrà costruita la parte del Palazzo Comunale destinata alle carceri (oggi uffici demografici). La posizione rialzata rispetto alla vallata sottostante, l’odierna piazza del Mercato, verso cui rivolgeva l’abside, spiega perché talvolta viene denominata San Luca in palchetto. La sua costruzione dovette rendersi necessaria a causa della consistente urbanizzazione che all’inizio del XIII secolo caratterizzò l’area meridionale della città; essa, dunque, insieme alla chiesa di San Giusto, servì come supporto per la cura dei fedeli della parrocchia di San Martino. Dopo pochi decenni, tuttavia, perse quasi completamente la sua funzione, tant’è che nel 1267 il Comune, considerata l’ubicazione strategica, l’affittò per riporvi il frumento venduto nel Campo.
Il destino della chiesa mutò drasticamente ad inizio Trecento, quando il governo dei Nove decise di erigere prima l’ala del Podestà di Palazzo Pubblico, acquistando a tale scopo quasi tutti i fabbricati e i terreni posti intorno a San Luca, comprese alcune “platee” di sua pertinenza, e poi le nuove carceri cittadine. In quest’ultima occasione anche la chiesa fu acquistata dal Comune e demolita per far spazio al nuovo edificio. Ad un patto, però, che venisse ricostruita nel borgo di Santa Maria in Valdimontone, dove sarebbe stata utilissima per la cospicua quantità di famiglie che vi si stava insediando. A tale scopo già nel 1324 il Comune aveva espropriato il terreno dove collocarla (una “platea” posta tra la vecchia e la nuova porta di Valdimontone), e nel novembre del 1328, ormai atterrata quella in Malcucinato, aveva deliberato la sua immediata riedificazione, insieme a quella della chiesa di San Basilio al Prato di Camollia. Per finanziare tali interventi venne nominata una commissione ad hoc, che stabilì di detrarre 500 lire dalle 600 che ogni anno il Comune corrispondeva in elemosina all’Opera del Duomo. La stessa istituzione avrebbe dovuto curare la loro elevazione, sfruttando le proprie maestranze e sotto la supervisione dell’Operaio della Metropolitana. Tuttavia, per motivi ignoti i lavori dovettero iniziare più tardi: ancora lo statuto del 1337-39 ribadiva la medesima disposizione, e solo a partire dal giugno del 1339 fu finalmente portata a compimento, risultando “così bella chiesa e così bene proportionata”. Un’idea, pur sommaria, di come fosse il suo prospetto esterno, è fornita da un disegno schematico tratteggiato nel Caleffo Nero del Comune di Siena, nel quale si vede che era dotata di tetto a capanna, di un
grande campanile a vela con due campane e di un portale d’ingresso sovrastato dallo stemma della Balzana. Una volta terminata divenne la parrocchia del nuovo borgo di Santa Maria, prima sotto lo jus patronato dell’Opera Metropolitana e più tardi dei Priori di San Martino.
Dopo pochi anni, però, la chiesa di San Luca fu coinvolta nelle “disavventure” del borgo, spopolatosi a seguito della peste del 1348, perdendo il titolo parrocchiale. Nel 1402 risulta già in rovina; soprattutto era pericolante la copertura, tanto da ricevere una sovvenzione per un pronto ripristino perché “n’è caduto presso alla metà […] et se non si ripara di subito caderà l’avanzo”. La situazione di completo degrado, comunque, non venne risolta, tanto da suscitare la severa reprimenda di San Bernardino, che nell’ultima delle quarantacinque prediche tenute in Piazza tra il 15 agosto e il 30 settembre 1427, l’associò proprio alla chiesa di San Basilio fuori porta Camollia, costruita negli stessi anni e anch’essa in condizioni fatiscenti, apostrofando così i senesi: “Voi avete qua giù santo Luca e colasù a Camollia santo Basilio, anco farebbe bene el Comuno a ponarvi le mani, e che eglino s’aconcino, che è una vergogna alla vostra città che elleno stieno come elle stanno, scuperte e guaste. Fate che elle s’aconcino”. Parole dure, che pungolarono il Concistoro a finanziare i lavori, visto che ormai la chiesa non aveva alcun rettore che ne fosse responsabile. Si provvide subito ad acquistare legname grosso e minuto, segno che le opere riguardarono la sola copertura, e d’altronde se era chiara la volontà di evitare il crollo della struttura, altrettanto evidente era lo scarso interesse a riattivare una cappella ormai inutilizzata. Il tetto fu rimaneggiato, ma di lì a poco la chiesa subì nuovamente gravi danni a causa di un incendio scoppiato il 31 gennaio 1453.
Di fatto, è questa l’ultima notizia a nostra disposizione, visto che non sappiamo quando fu definitivamente abbattuta. A dar credito a Giovanni Antonio Pecci, sarebbe successo durante la Guerra di Siena del 1554-55 e, in effetti, l’edificio non sembra rappresentato nella veduta cittadina di Francesco Vanni (ca. 1595).
Per altre notizie sulla chiesa di San Luca, soprattutto sulla sua esatta ubicazione, rimandiamo l’appuntamento alla prossima settimana.