di Roberto Cresti
Raccontate le vicende storiche della chiesa di San Luca ubicata nella Valdimontone, cerchiamo ora di capire dove poteva sorgere esattamente prima di essere demolita. A tale riguardo, l’unica informazione certa viene offerta dall’atto del giugno 1324, con cui il Comune risarcì nove lire al notaio Salvi di Dietisalvo per l’esproprio di una “platea” nel borgo di Santa Maria, che aveva acquistato da poco, dove si pensava di riedificare la chiesa. Ebbene il documento in questione situa questa “piazza” tra la vecchia e la nuova porta di Valdimontone, ossia tra un accesso urbano pertinente alle mura di inizio Duecento, che doveva sorgere poco sotto i lavatoi di piazza del Mercato, e la porta Giustizia appena realizzata nella cinta trecentesca, che chiudeva la valle verso sud. La notizia, insomma, non consente di localizzare con precisione dove fu costruita la chiesa di San Luca, perché l’area compresa tra le due porte di Valdimontone è, di fatto, l’intera vallata dell’Orto de’ Pecci.
Alla luce di ciò, per rispondere al quesito di partenza non resta che affidarsi a testimonianze più tarde, tutte risalenti, però, ad epoche in cui la chiesa era già stata abbattuta per il precoce abbandono del borgo di Santa Maria e il suo stato di estremo degrado, come abbiamo mostrato nell’articolo precedente. Secondo Alessandro Lisini si sarebbe trovata “di fronte” ad una “piccola casetta già di proprietà dell’arte della seta” posta “al principio” di via Malcontenti. Una convinzione che gli derivava dall’aver rintracciato sull’edificio “una memoria in pietra. Su la stessa pietra vedonsi le armi del Comune e del Popolo e tramezzo un macigno con la spada, impresa dei Monaci di S. Galgano; forse perché il Camarlingo della Biccherna, che soprintedette alla fabbrica, fu un monaco di quella celebre Abadia”. La “piccola casetta” indicata da Lisini alla fine dell’Ottocento dovrebbe essere quella, ancora oggi esistente, al n. 10 di via di Porta Giustizia, proprio all’imbocco della strada che scende verso l’Orto de’ Pecci. Sopra all’ingresso è ancora presente l’emblema in pietra dei frati cistercensi di San Galgano (la spada conficcata in un monte), mentre delle armi del Comune (la Balzana) e del Popolo (il leone rampante) non esiste più alcuna traccia. A giudizio dello studioso, quindi, questa piccola pietra proverrebbe dalla chiesa di San Luca e sarebbe stata apposta sull’edificio attiguo quando venne demolita. Essa avrebbe testimoniato che a sovraintendere alla sua edificazione sarebbe stato un monaco di San Galgano. In realtà, come abbiamo appurato in un precedente articolo, la tabella di possesso attesta semplicemente che la “piccola casetta” era di proprietà dell’Arte della Seta, come d’altronde asserito da Lisini stesso, che intorno alla metà del Quattrocento aveva spostato i suoi laboratori nella Valdimontone, e il cui patrono, a partire dal 1477, fu per l’appunto San Galgano. Sulla scorta di queste considerazioni, appare decisamente improbabile che la chiesa di San Luca si trovasse all’incrocio tra via di Porta Giustizia e via del Sole, in un luogo, peraltro, molto scosceso e poco adatto allo scopo.
Della chiesa parla anche Giovanni Antonio Pecci in un manoscritto settecentesco, ma senza fornire alcuna delucidazione sull’ubicazione; egli si limita a scrivere che fu abbattuta durante la Guerra di Siena (1554-55). Più interessante, invece, quanto riportato da Girolamo Macchi (1649-1734) nelle Memorie: a quei tempi già non esisteva più, tanto che non la raffigurò nei suoi celebri disegni a penna e acquarello, ma è evidente che poteva ancora resistere solida memoria di dove fosse stata questa chiesa. In base alle sue informazioni si trovava “su per la piaggia del convento dei Padri de’ Servi”, ossia, pare di capire, lungo una strada in salita che collegava la valle al complesso conventuale di Santa Maria dei Servi. Se così fosse, la chiesa di San Luca si sarebbe localizzata sul versante dell’Orto de’ Pecci posto di fronte al ristorante; e in assenza di specificazioni topografiche più precise, pare proprio questa l’ipotesi più plausibile.