di Roberto Cresti
Quando alla fine del Cinquecento Francesco Vanni raffigurò il profilo aereo di Siena, la Valdimontone era già spopolata e pressoché priva di edifici. Tra i pochi superstiti, il più imponente è visibile sulla sinistra della strada diretta verso porta Giustizia, poco al di sotto del convento di San Girolamo, e vista la sua struttura si tratta sicuramente del tiratoio trecentesco qui costruito dall’Arte della Lana, di cui andiamo brevemente a parlare.
Nonostante i senesi del XIII secolo fossero abilissimi mercanti, la produzione tessile locale non decollò mai, soprattutto a causa di un ostacolo rivelatosi ben presto insormontabile per uno sviluppo simile a quello di altre città limitrofe, in primis Firenze, e tale da contrastare i sempre più imponenti flussi di tessuti fiamminghi e francesi immessi sul mercato locale. Ci riferiamo, naturalmente, alla penuria di acqua, elemento viceversa imprescindibile per questo tipo di lavorazione. I governanti senesi, d’altra parte, si dimostrarono ben presto consapevoli della gravità del problema, e già nel Costituto del 1262 misero per iscritto che non era possibile incrementare la produzione di lana a causa della carenza idrica (“ob defectum aque, qua caret, non possit augmentari nec fieri”), anche se provarono a destinare l’area di Fontebranda allo scopo.
Nonostante questi sforzi, ai primi del Trecento la manifattura tessile senese era ancora poco sviluppata, oscillando da un minimo di 2.700 ad un massimo di 9-10 mila panni prodotti in un anno, contro i circa centomila di Firenze. La situazione migliorò leggermente intorno agli anni Venti del secolo, in coincidenza con l’incremento demografico di quel periodo, che fece aumentare anche la domanda di beni tessili. Ovviamente anche l’Arte della Lana, che riuniva tutti i produttori di panni, si adeguò al momento favorevole: tra il 1338 e il 1346 fece costruire ben cinque edifici destinati ad ospitare le attrezzature per la tiratura dei tessuti, e accrebbe il numero di questi apparecchi installati in opifici preesistenti, realizzandone altri 144. Le nuove strutture vennero dislocate due nel popolo di Sant’Antonio (Fontebranda), dove i lanaioli avevano la propria sede, una nella contrada di San Lorenzo (zona via Garibaldi), vicino alla Fontenuova, e due nel borgo di Santa Maria, individuato come luogo ideale per la discreta quantità d’acqua assicurata dalle fonti presenti nella Valdimontone. Essi vennero realizzati sull’ormai dismessa carbonaia (termine con cui si indicava lo spazio compreso fra le mura urbane e il fossato di fronte ad esse) che dalla porta Peruzzini, situata a lato del complesso di San Girolamo, andava fino a quella di Valdimontone, posta sotto il Mercato vecchio, concessa dal Comune alla corporazione sin dal 1314; e proprio qui sorgeva il tiratoio raffigurato dal Vanni alla fine del XVI secolo.
Giunti a questo punto, pare opportuno spendere due parole su cosa fosse un tiratoio o tenditoio. Si trattava dello strumento dove i panni venivano tesi ad asciugare ancora bagnati dopo essere stati conciati e follati nelle gualchiere (gli impianti meccanici azionati dall’acqua dove erano rassodati e lavati), per quella che era l’ultima fase della produzione tessile. A Siena, nella prima metà del Trecento, ne esistevano di due tipi, retti o piani, a seconda che l’intelaiatura destinata ad accogliere i panni fosse, rispettivamente, perpendicolare o parallela al terreno. Progressivamente i primi sostituirono i secondi, occupando meno spazio e permettendo un’asciugatura più rapida, visto che i tessuti stesi perpendicolarmente al suolo godevano di una maggiore ventilazione. Gli ultimi tiratoi piani furono impiantati proprio nella Valdimontone, ormai sede stabile dell’Arte, che tra il 1326 e il 1328 ne allestì ventiquattro in una piazza del borgo di Santa Maria presa in affitto da Manno di Vanni. Ben presto, tuttavia, si capì l’importanza di allestire questi strumenti all’interno di una struttura coperta da un tetto, ma ovviamente priva di pareti per favorire la massima areazione, la cosiddetta “domus tiratorium”. Generalmente costruita in legno e assicurata al suolo da fondamenta in muratura, essa era a pianta rettangolare sviluppata su tre piani (compreso il piano terra) e misurava circa 70 braccia (poco più di quaranta metri) per 20-24 (tra i dieci e i quindici metri). Proprio di questo tipo erano i due edifici costruiti dall’Arte della Lana nel borgo di Santa Maria. Il primo fu allestito nel 1339 da Andrea, Piero e Tommaso di Gherio, che vi impiantarono prima quindici tiratoi retti e qualche mese dopo altri quattordici, mentre il contratto del secondo fu stipulato nel 1346. Forse proprio quest’ultimo fu affittato l’anno seguente a tiratori privati per un canone annuo pari a 105 fiorini.
La pesante crisi demografica ed economica che colpì Siena dopo la peste del 1348 ebbe inevitabili ripercussioni anche sull’industria laniera, che già nel 1380 chiuse due tiratoi dei cinque costruiti pochi anni prima, uno in Fontebranda e l’altro nella Valdimontone, dove, in effetti, ai tempi del Vanni era presente un solo fabbricato. Non sappiamo se all’epoca era ancora funzionante come quello di San Lorenzo, attivo fino ai primi dell’Ottocento, ma considerato l’ormai secolare abbandono della valle e la stessa raffigurazione, propendiamo per una risposta negativa. Così come non siamo a conoscenza di quando l’intera struttura scomparve o fu trasformata; certamente non sembra più visibile nelle più antiche fotografie dell’area risalenti alla seconda metà del XIX secolo.