di Andrea Friscelli
L’idea di costituire una cooperativa mosse i primi passi all’interno del Servizio Territoriale di Psichiatria che cercava di lavorare in quegli anni secondo gli orientamenti della riforma Basaglia. Il servizio nasceva da un assemblaggio un po’ problematico tra medici della Divisione di Psichiatria dell’ospedale generale e medici provenienti dal vecchio O.P., tra gruppi di infermieri con la stessa provenienza mista e tra assistenti sociali che invece venivano dall’esperienza dell’amministrazione provinciale. Dico problematico perché riuscire a fonder esperienze e culture così diverse e spesso contrapposte tra loro come, per esempio quella giovanissima della Divisione di Psichiatria e quella ormai secolare dell’ospedale Psichiatrico presentava di per sé già molte difficoltà. Ma si viveva comunque una atmosfera di innovazione ed era necessario segnalare in qualche modo la nostra presenza e la costituzione di una cooperativa (prassi che stava affermandosi nel nostro ambiente, basta pensare all’esperienza della Progetto Lavoro in Val d’Elsa o a quella della cooperativa di pulizie all’interno dell’ex OP) sembrò essere la cosa giusta da fare.
Così un mattino molto nuvoloso, nonostante fosse luglio inoltrato, del 1983 ci trovammo nello studio del notaio Salerno. Eravamo 17 soci fondatori che si erano uniti appartenendo a tre categorie diverse: da un lato la maggioranza (circa il 70 %) proveniva dal Servizio, (vedi tabella sottostante)
2 disoccupati 11%
1 tossico 5% } 30 %
2 psichici 11%
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3 medici 17%
2 ass. sociali 11% } 70%
7 infermieri 41%
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17 soci fondatori
poi erano presenti alcuni giovani disoccupati ed alcuni dei nostri utenti provenienti sia dal disagio psichiatrico che dalla esperienza di tossicodipendenza che in quegli anni “pre Sert” gravitavano nell’orbita del nostro servizio. Si dava molta importanza alla presenza sia pure sparuta dei giovani disoccupati come elemento da un lato motivante verso il lavoro, dall’altro garanzia di un positivo intreccio tra normalità e malattia che ci sembrava importante sottolineare fin dall’inizio. Tanto che il primo presidente del Cda, Alberto Benocci, eletto contestualmente all’atto costitutivo, fu uno di loro; il vicepresidente invece fu un’infermiere ex OP, Giuliano Bucalossi, che aveva motivazioni, conoscenze e pratica per far decollare la cooperativa.
La fase delle velleità.
Così si può definire il primo anno di vita della Proposta. In quel tempo la cooperativa era, come si dice, inattiva e ci guardavamo intorno per scegliere il campo di attività. Fummo affascinati dalla lombricocultura che prometteva facili guadagni, tanto che una sorta di lombrico stilizzato fu il nostro primo brand. Ricordo la visita fatta alla comunità arancione di Cotorniano che in quegli anni la praticava, che da un lato ci entusiasmò, ma ci fece anche capire che quella attività necessitava di ingenti investimenti iniziali che nessuno aveva a disposizione. Nel primo anno i giovani disoccupati finirono per allontanarsi, mossi da un bisogno che non poteva aspettare i nostri tempi.
La svolta arrivò dopo qualche mese di languore grazie a Vittorio Meoni, allora presidente della USL 30 di Siena, che a conoscenza della nostra cooperativa ci propose di prenderci cura dell’orto del vecchio manicomio (l’orto de’ Pecci). Infatti, quei primi anni di riforma Basaglia che a Siena era scarsamente applicata, avevano comunque causato il blocco di nuovi ricoveri al manicomio. Questo fatto minava alla base il ricambio di mano d’opera in grado di auto mantenere le varie strutture ergoterapiche presenti, tra cui l’orto era in particolare difficoltà. Non c’erano più i malati in grado di coltivarlo e rischiava di finire completamente trascurato.
Così è cominciata la nostra frequentazione, ma sarebbe meglio dire, la nostra identificazione con l’Orto de’ Pecci. Fu stipulato un contratto di comodato tra Usl e cooperativa, un comodato che doveva essere gratuito e che invece si rilevò oneroso (e non poco) che valutava il costo delle attrezzature e del materiale che ci veniva consegnato di corredo all’Orto, mettendoci fin dall’inizio davanti ad esigenze di mercato che ci costringevano a riemergere dalle nebbie velleitarie che ci avevano caratterizzato fino ad allora.