Di Roberto Cresti
I patiboli di Pecorile vennero usati dalla Repubblica senese per tutto il Trecento e almeno parte del secolo seguente, come provano cronache e documenti d’archivio. Occorre precisare, tuttavia, che non fu questo l’unico luogo dove si praticò la giustizia in età medievale, anzi in svariate occasioni le condanne capitali vennero effettuate ben più vicino alle prigioni comunali, praticamente subito fuori dalle stesse, mediante l’agghiacciante rito della decapitazione.
I luoghi prescelti, infatti, furono o l’imbocco della Valdimontone (nel cosiddetto “Mercato vecchio”) o subito fuori le mura cittadine, proprio davanti a porta Giustizia, ed è verosimile che ciò capitasse soprattutto per esecuzioni particolarmente “attese”, dove si voleva partecipasse tanta gente. Folla, invece, che difficilmente doveva presenziare a quelle della Coroncina. Il cronista Agnolo di Tura del Grasso riferisce che nel maggio del 1334 “fu guasta per diliberatione del comuno di Siena” la “colonna di pietra che si chiamava el petrone, a la quale vi si facea justitia e stavivi una catena per li scopati”, posta “in sul Canpo di Siena e incontra al palazo del podestà” da “quando fu finito il palazo che vi tornò il podestà”. Da qualche anno, insomma, davanti all’ingresso del cortile del Podestà, come lo chiamiamo ai giorni nostri, era stata posizionata una grossa pietra, dove forse venivano eseguite le decapitazioni dei condannati, ma si praticavano anche le torture (“li scopati” erano coloro che venivano percossi con fusti di scopa). Essa fu eliminata nel 1334, e il motivo lo capiamo poche righe dopo, quando il cronista scrive, riferendosi al medesimo anno: “Sanesi facevano fare la justitia nel canpo del mercato e fenvi fare una fossa dove riceveva il sangue, e di poi conproro uno pezo di terra da’ figliuoli del Contino Maconi per farvi la detta Justitia, il quale è fuore a la porta di Valdimontone, che ogi si chiama la porta a la justitia, che fu serata e uopresi quando si fa justitia”. Agnolo, tra l’altro, aveva annotato la stessa notizia qualche pagina addietro, all’anno 1326, parlando dell’ampliamento della cinta muraria programmato ad inizio Trecento: “E l’altra porta sarà in Val di Montone, che ogi si chiama la porta a la justitia, e sta serata, che non serve ad altro se no’ a far justitia, perché fuore a la detta porta v’è il tenpio de la justitia”.
Dismesso “el petrone” nel Campo, dunque, le esecuzioni capitali furono spostate sul retro del Palazzo comunale, a due passi dalle nuove carceri appena “inaugurate”, salvo poi acquistare un terreno all’esterno della porta di Valdimontone, che per questo si denominò di Giustizia, per compierle in quel luogo, più discosto dalla sede del governo cittadino. Uno “scrupolo” inutile, perché non di rado il raccapricciante rito si continuò a praticare al “Mercato Vecchio”. Addirittura nel 1359 il Consiglio generale dovette ordinare che le condanne a morte venissero effettuate solo nei luoghi consueti, acquistati all’uopo dal Comune, in particolare fuori e a fianco di porta Giustizia, e non al “Mercato vecchio”, troppo a ridosso del Palazzo Pubblico, ma anche delle case; molti abitanti della zona, infatti, si erano lamentati per le grida inumane dei condannati!
Ancora una volta, peraltro, ottenendo scarsissimi risultati, perché ad esempio nel 1390, come narra il cronista Paolo di Tommaso Montauri, “Antonio di Baldo di Tingocio Talomei fu preso da le genti di misser Giovanni d’Azo, andando a Stagia e a Colle a dì 4 di magio, e fu dato al sanatore di Siena, esaminato li fé’ tagliare la testa in Val di Montone vitoperosamente, senza conforto di persona”. E ancora un altro componente della famiglia fece la stessa fine sempre nel 1390: “Spinello di misser Jacomo Talomei fu preso per nuovi modi da queli di Cinigiano di Marema, e subito la contessa e li omini di Cinigiano lo mesero nele mani del comuno di Siena, e derolo al sanatore di Siena a dì 30 di magio, e detto Spinello mai non volse mangiare né bere, unde non potendo tenere li fé’ tagliare la testa in Val di Montone nel primo di giugnio, per bene ch’era fatta la fossa per piantarlo, e per grazia li fu moza la testa e mai favelò, né mirò persona, né mai s’acomandò a Dio”.
Né la prescrizione ebbe maggiore fortuna nei secoli seguenti, considerato che nel Quattrocento, e ancora nella prima metà del Cinquecento, si hanno notizie di continue decapitazioni, e anche di impiccagioni, all’imbocco della vallata. D’altro canto che la maggior parte delle esecuzioni capitali compiute tramite il taglio della testa avvenissero al “Mercato vecchio”, è confermato anche da una celeberrima fonte iconografica. Di questo, però, ne parleremo la prossima puntata.