Il 13 dicembre 1326 vengono pagati diversi lavori di ristrutturazione di Porta Giustizia (attestata dal 1323) lavori puntualmente ricordati da Agnolo di Tura del Grasso nella sua “Cronaca senese”. Agnolo annota, infatti, che “… e l’altra porta sarà in Val di Montone, che oggi si chiama la porta a la Justizia, e sta serata, che non serve ad altro se non a far iustitia, perché fuore a la detta porta vi è il tempio de la justitia…”. Il cronista, dunque, offre una notizia davvero interessante, ossia che già ai suoi tempi, pochi anni dopo la costruzione della porta, questa era quasi sempre chiusa e veniva aperta solo per far transitare i condannati a morte diretti al poggio di Pecorile, luogo nel quale, per la verità, le forche non dovettero rimanere a lungo, visto che già nella prima metà del XVII secolo le impiccagioni erano eseguite nel Prato di Camollia (odierna Piazza Amendola), da dove furono spostate prima fuori Porta Fontebranda e poi all’esterno di Porta San Marco, sito in cui si tenevano ancora nel 1786, quando il granduca di Toscana Pietro Leopoldo abolì la pena di morte. Dunque Porta Giustizia non era ( e non sarà mai) un utilizzata come vero e proprio accesso alla città, anche perché il Borgo Nuovo di Santa Maria (o Valle di Porta Giustizia oppure Orto de’ Pecci) è in fase di crescita e sarà quasi completamente formato solo verso la metà del ‘300. Il Borgo di Santa Maria, come sappiamo, avrà davvero vita breve: dopo la Peste Nera del 1348 ed il conseguente spopolamento verrà abbandonato e successivamente completamente smantellato e ricondotto ad orti (verranno smantellati anche la chiesa di San Luca, gli opifici, mentre la Fonte si trova ancora sotto il ristorante All’Orto de’ Pecci, anche se più interrata rispetto a quei secoli). Porta Giustizia non esiste più, ne restano solo i segni dell’arco tamponato sull’esterno delle mura (con un dislivello di terreno, rispetto all’Orto de’ Pecci, di parecchi metri) e l’unica fonte iconografica è la veduta di fine Cinquecento di Francesco Vanni che la mostra con una sorta di rivellino, forse interpretabile come la massiccia torre merlata detta tempio della Giustizia; al suo interno, infatti, tra XV e XVI secolo probabilmente venivano operate alcune esecuzioni capitali, anche se i patiboli allora erano già stati montati nel prato fuori porta Camollia, come informa il Macchi nelle sue “Memorie”. Il baluardo, così come la porta, dovette subire ingenti danni nel corso dell’assedio di Siena del 1554-55 e venne “smontata” e chiusa all’inizio del ‘600. Nonostante ciò, la strada che da piazza del Mercato si inoltra nella Val di Montone ha mantenuto nei secoli l’antico nome di via di Porta Giustizia, estendendolo a tutta la vallata, tanto da trovarla così denominata già nel più antico stradario di Siena redatto nel 1789.